«Le piante, necessarie e intelligenti» A Stefano Mancuso il premio per la divulgazione scientifica

Il Mattino di Padova / di Silvia Quaranta

È Stefano Mancuso, scienziato di fama mondiale e autore di “Plant revolution. Le piante hanno già inventato il nostro futuro” (Giunti, 2017) il vincitore della dodicesima edizione del Premio Galileo per la divulgazione scientifica. Ieri la premiazione nell’aula magna di Palazzo Bo a Padova, di fronte a un folto pubblico di studenti universitari e delle scuole superiori, chiamati ad esprimere il verdetto.

Il concorso prevede infatti una selezione in due parti: la prima scrematura, da cui esce la cinquina di finalisti, è affidata a una giuria composta da scienziati, divulgatori, accademici e comunicatori di alto profilo, quest’anno presieduta da una donna, Sandra Savaglio, oggi docente di Astrofisica dell’Università della Calabria e scienziata alla quale nel 2014 il Time ha dedicato una copertina, citandola come cervello in fuga dall’Europa. La seconda selezione prevede un voto popolare, espresso da un pubblico di duecento giovani lettori.

E la loro scelta, quest’anno, è stata netta: “Plant Revolution” ha ottenuto il punteggio più alto, staccando di molto gli altri finalisti. Stefano Mancuso è attualmente professore all’Università di Firenze e dirige il Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale. Nel 2012″la Repubblica” lo ha indicato tra i 20 italiani destinati a cambiarci la vita e nel 2013 il “New Yorker” lo ha inserito nella classifica dei “world changers”.

“Plant Revolution” è un libro di autentica divulgazione scientifica, di estremo rigore nei contenuti e dallo stile semplice e garbato, che con un pizzico di umorismo riesce a raccontare al grande pubblico le incredibili qualità dell’universo vegetale: le piante hanno straordinarie capacità di adattamento, possono vivere in ambienti estremi, si mimetizzano per sfuggire ai predatori, si muovono senza consumare energia, producono molecole chimiche con cui manipolare il comportamento degli animali (e degli umani).

«Le piante» dice l’autore «sono alla base della vita, letteralmente: noi dipendiamo da loro in tutto, pensiamo solo alla catena alimentare o alla loro capacità di produrre ossigeno, indispensabile alla vita umana. E rappresentano il 95% di tutto ciò che vive sul nostro pianeta: noi non ci facciamo caso perché abbiamo sviluppato una sorta di cecità nei loro confronti, ma basta prestare un po’ di attenzione a ciò che ci circonda».

E non è tutto. «Le piante» continua Mancuso «hanno una memoria del tutto simile alla nostra: sono in grado di ricordare avvenimenti e stimoli a cui sono state sottoposte, e quindi di rispondere in maniera più efficiente quando si ripropongono. E la loro struttura è estremamente evoluta: non è gerarchica come la nostra, dove il cervello controlla gli altri organi. Sono come reti senza un centro, funzionano in maniera distribuita e diffusa. Sono costruite come internet e come tutto ciò che consideriamo moderno: da Wikipedia al bitcoin».

Ai giovani che hanno sostenuto il suo libro, Mancuso ha rivolto un augurio: che qualcuno di loro, nel proprio futuro, decida di dedicarsi a sua volta allo studio delle piante e delle loro potenzialità. Sul podio, al secondo posto Marco Malvaldi (con “L’architetto dell’invisibile. Ovvero come pensa un chimico”, Raffaello Cortina, 2017) e al terzo Gabriella Greison (“Sei donne che hanno cambiato il mondo. Le grandi scienziate della fisica del XX secolo”, Bollati Boringhieri, 2017). Al quarto posto, Anna Meldolesi (autrice di “E l’uomo creò l’uomo. Crispr e la rivoluzione dell’editing genomico, Bollati Boringhieri, 2017), quinti Piero Martin e Alessandra Viola, autori di “Trash. Tutto quello che dovreste sapere sui rifiuti” (Codice Edizioni, 2017).

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